I pizzoccheri: patrimonio culturale della Valtellina

I pizzocheri e l’operazione di riscoperta e valorizzazione di questa ricetta come piatto della comunità valtellinese, dalla sua origine al riconoscimento.
Le ricerche sull’origine dei pizzoccheri, il cui ingrediente principale è il grano saraceno, portano tutte al territorio di Teglio. Teglio è un paese situato in Valtellina (Provincia di Sondrio-Italia) nell’arco alpino. Il paese vanta la pratica della coltivazione del grano saraceno da più di quattro secoli.




I pizzoccheri nella storia


La coltivazione di grano saraceno è molto rappresentativa per la Valtellina.
Nel corso dei secoli, grazie alla sua larga diffusione che ha notevolmente influenzato il costume alimentare di questo territorio, esso ha assunto l’importante ruolo di prodotto storico, rappresentativo di un patrimonio di saperi culturali identitari.

Se nel resto dell’Italia la coltivazione di questa pianta è quasi scomparsa, in Valtellina, nonostante la drastica riduzione della produzione locale, continua a costituire un’attrattiva formidabile. La farina di grano saraceno, infatti, è l’ingrediente basilare dei suoi piatti tipici, ormai famosi anche al di fuori dei confini valtellinesi: pizzoccheri, sciatt, polenta taragna e chisciöi.

Dai primi dell’Ottocento sulle tavole dei contadini benestanti appare il piatto più simile a quello attualmente conosciuto: si lavoravano delle tagliatelle grossolane di grano saraceno con in parte della farina bianca in proporzioni variabili a seconda dei paesi, cotte in abbondante acqua salata, in cui erano poste patate, verze o coste o fagiolini a pezzi.

I pizzocheri sono stati e sono il piatto più importante della zona che va da Grosio a Castione, con epicentro a Teglio, dove si è stabilito un legame quasi affettivo tra questo cibo e i suoi abitanti. 


fonte: Accademia del Pizzochero di Teglio.





Curiosità sul piatto


Si hanno ancora parecchi dubbi riguardo l’etimologia del nome del piatto. La parola "pizzoccheri" sembra derivare dalla radice pit o piz col significato di pezzetto; o ancora dalla parola pinzare col significato di schiacciare, in riferimento alla forma schiacciata della pasta.
Altre ipotesi farebbero risalire il termine alla parola “pinzochera” usata già nel '300 da Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio, per indicare la povertà e la semplicità, che sono caratteristiche di questo tipico piatto valtellinese.

Grazie ad una lunga operazione di riscoperta e valorizzazione di questa ricetta come piatto della comunità valtellinese, il 2 agosto 2002 nasce l’Accademia del Pizzocchero di Teglio. L’obiettivo è “difendere il piatto forte dell’enogastronomia valtellinese dalle imitazioni, valorizzandolo come simbolo di una cultura antica”. Lo scopo è stato raggiunto, tanto che nel 2016 questo piatto ottiene il riconoscimento IGP, con la denominazione Pizzoccheri della Valtellina IGP. Inoltre, la vera e originale ricetta è custodita dall’Accademia, tanto che si è creato un vero e proprio marchio dei Pizzoccheri di Teglio®.




3 errori da non commettere quando si parla di Pizzoccheri


1.

Non chiamarli tagliatelle: il formato è simile ma ben diverso. I pizzoccheri sono più corti (circa 7 cm) e dalla sfoglia più spessa rispetto alla classica tagliatella. Inoltre, contengono una buona percentuale di farina di grano saraceno.

2.

Non confonderli con i pizzoccheri di Chiavenna. Quando il disciplinare ha inserito la versione a gnocchetto – che ricorda molto i pizzoccheri della Valchiavenna – come variante accettata del Pizzocchero della Valtellina, ci sono state grandi discussioni. Conviene non commettere un simile errore.

3.

Usare lo scolapasta durante la loro preparazione. I pizzoccheri sono delicati e richiedono molta cura, in ogni fase della loro cottura. Non avendo uova all’interno del proprio impasto, tendono a sfaldarsi facilmente, perciò è meglio usare una schiumarola al posto dello scolapasta.


I pizzoccheri: patrimonio culturale della Valtellina

2 anni fa
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